Recensione The House (2022 – Netflix)

Dati

The House è un film del 2022 prodotto dallo studio Nexus in stop motion ed è presente sulla piattaforma Netflix. Questo film è in realtà una raccolta di 3 racconti, tutti diretti da un direttore diverso (Emma de Swaef e Marc James Roels, Niki Lindroth von Bahr e Paloma Baeza).

L’unica cosa che accomuna queste tre storie è il fatto che si ambientano tutte nella stessa casa e che trattano in modo metaforico della psicologia umana. Essendo che questo film è composto da 3 “episodi”, parlerò singolarmente di ognuno di essi.

Sinossi prima parte

La famiglia

La prima parte del film è un corto chiamato “E dentro di me, si tessero menzogne”.

Si ambienta nell’Ottocento e i suoi protagonisti sono una famiglia con due bambine a cui viene chiesto di lasciare la loro casa per trasferirsi gratuitamente in una residenza nuova, creata da un enigmatico architetto. La nuova casa però è sempre sotto costruzione, con questa figura dell’architetto che dietro le quinte fa cambiamenti senza nemmeno avvisare i suoi occupanti. Il corto finisce con i due genitori che si trasformano in parte integrante della casa dopo aver dato alle fiamme i loro averi di quando erano poveri. Il fuoco avviluppa la casa ma le due bambine riescono a fuggire.

Cosa ne penso

Partiamo subito a bomba con questa storia altamente inquietante. Credo che l’intera vicenda si possa ricollegare all’avidità (notando anche come il colore verde prende campo nella pellicola). La famiglia infatti viveva sì in modo povero, ma riusciva a sostentarsi senza problemi, e aveva una bella relazione (rappresentata dal fuoco del camino che si accende e persiste anche se brucia di sola carta di giornale). Sono tutti contenti finché alla porta di casa non si presentano i parenti del padre, della gente piuttosto altolocata che giudica il modo di vivere della famiglia come “imbarazzante”, facendo particolare pressione sul padre. Proprio da questo il padre comincia a desiderare di più di quello che già possiede e finisce in un momento di debolezza per fare un accordo con l’architetto.

Quando si trasferiscono nella casa nuova, i genitori si adattano al nuovo stile di vita ma, il camino non si accende (lo farà solo quando il padre brucerà i suoi vecchi averi, il suo passato) e la madre comincia a lavorare come una forsennata (forse per far fronte ai costi di manutenzione della casa, oppure per avere sempre di più). I genitori diventano parte della casa perché vengono letteralmente inglobati dai loro beni materiali. Le uniche che si salvano sono le bambine, perché secondo me sono l’immagine dell’innocenza, quel periodo dell’infanzia quando ancora non capiamo bene il senso dei soldi, il senso di mostrarsi abbienti. Loro due volevano solo avere una vita normale con i loro genitori, serbando ogni ricordo senza vergognarsi della loro posizione economica.

Il corto potrebbe essere anche una rappresentazione di come i personaggi altolocati si sono da sempre presi gioco della popolazione più povera, ingannandoli con promesse che gli avrebbero ritorto contro. Infatti l’architetto indice modifiche alla casa senza curarsi minimamente dei suoi abitanti (vedi quando rimuove letteralmente le scale).

Questa prima storia mi è piaciuta molto, anche per il ritmo lento con cui viene narrata, nel quale vediamo benissimo come i due genitori sprofondano nella pazzia del denaro. Le inquadrature sono molto belle e i colori giocano un ruolo fondamentalissimo nella trama.

Sinossi seconda parte

Il costruttore

Il secondo corto, diretto da  ha come protagonista un topo antropomorfo, alle prese con la ristrutturazione della solita casa del precedente racconto, ma stavolta sembra collocata da tutt’altra parte e ci troviamo più o meno ai tempi nostri (forse inizio duemila visto l’auricolare e la tipologia di aspirapolvere?). Il topo non ha un nome (nell’elenco di doppiatori viene chiamato solo come “Il costruttore”). Questo protagonista sta cercando di vendere la casa in questione, ma ha una persistente infestazione di insetti. Cerca in ogni modo di eliminarli e quando gli pare di averli cacciati via, indice un ricevimento per vendere l’abitazione a possibili acquirenti. L’evento è un disastro totale e tutti gli ospiti se ne vanno via, tranne una strana coppia che dice di essere interessata all’acquisto.

I due però iniziano a vivere nell’edificio e il costruttore prova in tutti i modi a cacciarli via. Chiama la polizia e dai due agenti scopriamo che non sono lì per la coppia, bensì per lui, che continua a importunare il proprio dentista con fatti della sua vita, appellandolo anche con termini non consoni, da qui deduciamo che tutte le chiamate dal tono dolce che ha fatto durante il corto, erano tutte indirizzate al dentista. Alla casa arrivano dunque anche l’intera famiglia della coppia che si stabilisce a sua volta lì, scatenando l’ira del costruttore che cerca di ucciderli con il veleno. In un incidente, finisce per inalare lui stesso il veleno e finisce in ospedale. La coppia lo riporterà a casa e gli faranno un party di bentornato con tutta la famiglia che ora ha anche arti in più (qui è ovvio che rappresentino gli insetti dell’inizio). Il racconto finisce con la casa che viene distrutta dalla famiglia e il costruttore che si atteggia come un vero e proprio topo, scava un tunnel e scompare lì dentro.

Cosa ne penso

Questa seconda storia è stata un po’ più complicata da comprendere e forse proprio per questo è quella che ho apprezzato di meno tra le tre. Io personalmente ho inteso questa parte come la rappresentazione della sanità mentale non curata e come questa porti all’isolamento, a non trovarsi mai a proprio agio in pubblico. Il costruttore infatti ha questo problema degli insetti che infestano la sua casa (potremmo dire la sua mente), che sono in realtà il sintomo di qualcosa che non va, qualcosa da curare al più presto. Ma il protagonista li uccide da solo (cioè non chiede aiuto a nessun medico competente) e sigilla tutti gli anfratti attraverso cui potrebbero spuntare di nuovo fuori, nella speranza di fare buona impressione al pubblico acquirente (che immagino possiamo ragguagliare con la società in generale). La casa è ancora gremita di insetti tra le sue profondità ed ogni cosa va storta all’evento proprio perché il costruttore cerca di apparire sano quando in realtà avrebbe bisogno di aiuto.

Gli unici che rimangono sono la coppia che somiglia fin troppo agli insetti che cercava di eliminare, e questi individui finiscono a vivere da lui come parassiti, non dandogli niente in cambio, vivendo a sue spese. Quando arrivano i parenti, viene detto che “loro vivevano qui da molto tempo”, quindi direi che è ovvio che sono i piccoli sintomi che vedevamo all’inizio che ora si sono tramutati in presenze impossibili da ignorare, che appunto non possono far altro che peggiorare, come vedremo alla fine. Il costruttore infatti rimane solo, a “convivere” in senso letterale con i suoi problemi, allontanandosi dalla società (da qui il suo nascondiglio che sfocia nel buio più totale).

Credo che ci sia anche un riferimento agli psicofarmaci quando il costruttore assume il veleno e quando ha quel trip allucinogeno con gli insetti che fanno un numero musicale.

Questa parte non mi ha convinto perché era un po’ complicata da leggere e può portare a un po’ troppe letture differenti, in più il suo ritmo narrativo era troppo veloce in alcuni punti e troppo lento in altri. Qui i colori non giocano grandi ruoli, tranne che nel numero musicale degli insetti dove rafforzano con tinte innaturali, l’immagine già assurda che ci viene mostrata.

Sinossi terza parte

Rosa

La terza storia si intitola “Ascolta bene e cerca la luce del sole” ed anche qui, Rosa, la nostra protagonista è un animale antropomorfo: un gatto per la precisione. La storia si ambienta sempre nella medesima casa ma ci troviamo in una sorta di futuro distopico, dove ogni cosa intorno alla casa è stata allagata. Rosa vive nella casa e cerca di renderla un ambiente perfetto per affittare gli appartamenti che ne ha ricavato. Ci sono dei problemi però, tra cui complicazioni nella ristrutturazione, nel mantenimento e… per l’affitto. I suoi due affittuari, Jen e Elias la pagano con cristalli mistici o con pesce, niente denaro.

Rosa comincia ad averne abbastanza del loro comportamento e dà su tutte le furie quando arriva il compagno spirituale di Jen, un certo Cosmos, che invece di aiutarla a sistemare la pavimentazione della casa come promesso, usa le assi per costruire una barca a Elias. Elias lascia la casa dopo anni, e l’acqua inizia a salire. Rosa viene lasciata sola sulla sua piccola isola, perché anche Jen e Cosmos partono con la barca di lui. La protagonista decide quindi di seguirli e si ricorda della strana leva che Cosmos le aveva costruito nel caso un giorno avesse mai voluto “liberare se stessa”. Usandola, la casa si trasforma in una nave e Rosa raggiunge i suoi amici, dirigendosi verso l’ignoto.

Cosa ne penso

Devo ammettere che questa terza storia è stata la mia preferita in assoluto e alla fine mi ha fatto pure commuovere. Questa parte secondo me si basa tutta sul concetto della “bolla” e quindi sulla testardaggine, sul non vedere oltre il proprio naso.

Rosa vuole costruire una casa perfetta sotto ogni punto di vista, tanto che ne diventa una sua ossessione tutta personale. Non c’è alcun bisogno di attaccare nuova carta da parati in stanze vuote, che nessuno abita, c’è però da sistemare l’acqua, che è motosa e affligge la vita di tutti gli abitanti della casa. Ma Rosa non sistemerà mai l’acqua, lascerà il compito a Cosmos, anche se dubiterà fortemente dei suoi metodi.

La protagonista ammette da ultimo che lei voleva creare dei ricordi nella casa, quindi convivere con una vera e propria famiglia, ma la sua ostinazione non la porta a valutare quello che già possiede e lo capirà soltanto da ultimo, quando rimarrà sola. Lei ha una mentalità molto rigida, dei preconcetti che non la lasciano apprezzare quello che gli altri possono darle, questo finché non viene abbandonata e capisce di aver agito come un’egoista fino a quel momento, pretendendo dai suoi amici la sua stessa visione di vita, non interessandosi nemmeno un po’ a chi erano loro nel privato (infatti non sapeva neppure che Elias disegnasse). Quindi il finale simboleggia a mio parere lo scoppio della sua bolla, la sua nuova apertura mentale al mondo.

Il terzo racconto è il più semplice, il più diretto, a mio avviso, e proprio per la sua semplicità l’ho apprezzato. Il tema che tratta è realistico, contemporaneo, e perché no, anche comune, cosa che non è affatto un male visto che può toccare molte più persone di quanto non facciano gli altri due corti.

La palette scelta per questa storia è terrosa, slavata, ma non ha secondo me un vero e proprio significato. L’elemento a mio parere ce l’ha, è la foschia, che ammanta ogni cosa intorno alla casa finché non entra pure al suo interno. Io l’ho interpretata come la materializzazione “dell’incertezza”, quella che Rosa affronterà navigandoci attraverso proprio alla fine, dirigendosi chissà dove ma in compagnia di persone a cui vuol bene.

Animazione

Lo stop-motion è una tecnica che funziona bene sia con il tono creepy delle prime due storie, sia con il tono più tranquillo, gioioso, della terza. Non credo che siano state animate tutte dagli stessi artisti, perché lo stile non solo dei modellini, ma anche delle ambientazioni, è piuttosto diverso, ma nonostante ciò, non scompone affatto visto che sono effettivamente tre racconti differenti.

L’animazione è molto fluida e ben curata. La prima storia mi sembrava che avesse uno stile un po’ troppo piatto, ma quando l’ho vista in azione, mi è sembrata viva, nonostante i volti inquietantemente minuscoli dei personaggi, che però riuscivano a passare molte emozioni in piccolissimi movimenti.

Personaggi

La maggior parte dei personaggi appaiono molto realistici, con le loro emozioni e soprattutto le loro frustrazioni. Nel primo e nel secondo corto, le presenze malvagie sono invece molto piatte, inespressive, che danno i brividi già solo dal loro aspetto distorto.

Il personaggio che mi è piaciuto di più è stato Rosa, perché l’ho sentita molto vera.

Conclusioni generali

Questo film di un’ora e mezza passa via come sabbia tra le dita da quanto scorre bene. Le musiche si sposano benissimo con le immagini e possiamo ben dire che è una pellicola ben progettata, gestita alla perfezione per far emozionare e riflettere il pubblico. Lo svantaggio forse è proprio il fatto di essere suddiviso in tre storie che hanno ben poco a che vedere le une con le altre, facendo apparire il film quasi più come una miniserie, dove non tutte le sue puntate hanno lo stesso livello.

Voto finale: 4/5 ★★★★✰

Gradimento personale: 4/5 ★★★★✰

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