Recensione Hikaru No Go di Yumi Hotta e Takeshi Obata

Video recensione

Pub: Weekly Shonen Jump

Pub ita: Planet Manga

Storia di: Yumi Hotta

Disegni di: Takeshi Obata

Genere: Soprannaturale, Commedia, Shonen, Sportivo

Anno: 1998 – 2003

Volumi: 23

Stato: Finito

TRAMA

Il giovane Shindo sale nella soffitta del nonno e trova un vecchio goban (la piattaforma per il gioco del go). Su questo goban ci sono macchie di sangue che solo lui riesce a vedere e appena tocca il goban viene posseduto dallo spirito di Fujiwara no Sai, un famoso e antico giocatore di go. Sai è morto suicida per esser stato incolpato di aver barato durante una partita importante e quindi è diventato uno spirito che rimarrà sulla Terra finché non raggiungerà la “Mano di Dio”, ovvero la partita perfetta. Sai convincerà Hikaru a giocare a go e gli insegnerà pian piano, facendo di Hikaru un giocatore professionista.

La storia di Hikaru No Go è nata come sceneggiatura e con il nome ”Le Nove Stelle”. La versione manga è stata supervisionata da una campionessa di Go.

Il manga ha vinto i premi Shogakukan Manga Award (2000) e il premio culturale Osamu Tezuka (2003) perché ha contribuito all’aumento di giovani giocatori di Go in Giappone e nel mondo.

Di questo manga esiste una trasposizione anime (2001 – 2003) e ne è stato tratto un drama cinese (2020).

COSA NE PENSO

Partiamo da questo fatto: prima di questo manga non avevo idea di cosa fosse il Go. Iniziando la lettura di questo manga avevo paura di non capire bene il gioco e di perdermi nei vari capitoli e non riuscire quindi a seguire la storia. Questa cosa è successa qua e là, ma qualcosa l’ho capito del gioco, perlomeno le fondamenta. In “Hikaru No Go”, il Go è spiegato pian piano, sia da Sai che da altri personaggi che cercano di aiutare Hikaru a diventare un professionista, quindi anche il lettore viene “tutorato” durante la storia proprio come Hikaru.

Nel manga ci sono anche degli extra dove viene spiegato il Go e vengono risposte le domande più frequenti

Il lettore però, a meno che non sia proprio appassionatissimo di Go, può perdersi nei match più difficili e non comprendere le mosse tecnicamente più complesse, ma nonostante questo non è detto che perda interesse per la storia. Questo perché questo manga non tratta esclusivamente di Go, ma ha anche tanti altri elementi di vita quotidiana e legati alla carriera sportiva e alle scelte da compiere per intraprenderla.

In Hikaru No Go vediamo ad esempio la crescita di mentalità dei vari personaggi, il senso di non essere mai abbastanza o all’altezza e il legame con i genitori. Mi è piaciuto molto quando la storia si focalizzava sul rapporto tra i giovani giocatori e la loro famiglia. Alcuni venivano supportati (come nel caso di Hikaru) ed ad altri veniva detto di trovarsi un “lavoro vero” perché correre dietro al Go è un po’ un sogno spesso irrealizzabile. Molto bello è stato anche quando la madre di Hikaru si preoccupava per il figlio perché doveva lasciare la scuola per diventare professionista di Go e che avrebbe ricevuto una paga per ogni partita giocata, anche se non era nemmeno maggiorenne. 

Oppure è stato interessante anche quando i vari giocatori si incontravano con non giocatori e quando quest’ultimi gli chiedevano che lavoro facessero, loro gli rispondevano che giocavano a Go e la loro professione non veniva presa sul serio.

La parte sovrannaturale che mi aveva parzialmente attirato per la somiglianza con Yu-Gi-Oh!, è stata svolta in un modo che secondo me non è stato abbastanza buono. La premessa era interessante, con appunto questo fantasma di un antico giocatore che era rimasto vivo perché voleva raggiungere la giocata perfetta, però poi questa giocata perfetta non arriva mai. 

Sai infatti non è destinato a diventare il miglior giocatore, ma è destinato ad insegnare a quello che “probabilmente” lo supererà. Com idea era interessante pure questa, ma se dall’inizio mi parli di questa mistica giocata perfetta e mi fai crescere la voglia di veder finalmente Sai splendere e poi dopo una quindicina di volumi mi cambi la missione del personaggio, a me dà un po’ fastidio.

In più speravo che la soprannaturalità del manga fosse un po’ più presente, magari facendo incontrare a Sai e Hikaru un’altra persona con un fantasma come tutor, che magari poteva essere un antico rivale di Sai. Ma Sai viene usato alla fine solo come figura di tutor e il fatto che sia o meno un fantasma non è poi così tanto importante: avrebbe potuto essere benissimo un anziano signore che si scopriva essere un giocatore di Go ormai dimenticato da tutti.

Mi è piaciuto molto come l’interesse per il Go aumenti in Hikaru quando sfida il giovane campione Akira. Da qui nasce una rivalità fatta di stima reciproca e a volte delusioni. All’inizio infatti è Akira che insegue Hikaru per una rivincita della loro prima partita che però era stata giocata da Sai, ma successivamente, quando ottiene una partita e gioca però contro un Hikaru inesperto, rimane profondamente deluso. Nonostante ciò, a quel punto Hikaru ha iniziato davvero ad appassionarsi al Go e decide di inseguire Akira per mostrargli che anche se lui non è Sai, può comunque diventare un bravissimo giocatore di Go e può arrivare al suo livello. Questa rivalità inoltre, via via che la storia precede diventa anche un’amicizia molto ben costruita e supportata nuovamente da una stima reciproca.

Il problema che ho avuto maggiormente con questo manga è stato da quando Sai scompare dalla storia. Perché sì, Sai dopo meno di venti volumi, scompare perché ha finito di insegnare tutto ciò che poteva a Hikaru. È stato molto bello come viene trattato il lutto di Hikaru, che decide di lasciare il Go e di riprenderlo successivamente perché nel Go che gioca potrà sempre vedere il suo maestro. Ma a parte questo, la storia va pian piano a diventare sempre meno interessante.

Come viene trattato il lutto in “Hikaru No Go”

Dall’inizio del manga siamo stati abituati ad una narrazione comica, ma verso la fine diventa un manga fin troppo serio e le partite sono troppo complicate per essere seguite. Ma la cosa che ha fatto storcere il naso un po’ a tutti i lettori è stato il fatto che la storia è incompleta. Hikaru No Go finisce con Hikaru che partecipa ad un torneo molto prestigioso ma perde e così non ha modo di provare a se stesso di valere quanto Sai, cosa che sarebbe stata risolvibile con un altro volume dove veniva perlomeno mostrato che Hikaru era salito di vari livelli e veniva riconosciuto come uno dei migliori giocatori di Go. Se prima il lettore si aspettava la giocata perfetta da Sai e non è stato accontentato, nemmeno alla fine sarà soddisfatto perché la sua aspettativa di vedere Hikaru brillare svanirà con l’ultimo capitolo, che sembrerà solo una tra le tante partite che il protagonista ha già avuto durante la storia.

STILE DI DISEGNO

Lo stile è fantastico ed impeccabile come ci si aspetterebbe da Takeshi Obata. È uno stile molto leggero e minuzioso anche nei paesaggi. Usa sapientemente i retini, sia per campiture piatte che come motivi decorativi. 

La cosa che mi sento di far notare è però che lo stile è un po’ inconsistente nei personaggi. Inizialmente Obata usa un tratto molto semplice e lontano dal suo stile originale, ma con il progredire dei capitoli, lo stile si trasforma pian piano avvicinandosi molto di più allo stile con cui tutti conosciamo Obata. È un cambiamento che durante la lettura non si avverte, ma successivamente, se prendiamo ad esempio i primi capitoli e gli ultimi, si vede moltissimo la differenza.

Uno dei primi capitoli di “Hikaru No Go”
Uno dei capitoli quasi finali di “Hikaru no Go”

PERSONAGGI

Su questo argomento non ho da sbilanciarmi troppo perché sono personaggi ben caratterizzati e con un minimo di approfondimento psicologico che però non turba la lettura di quello che dovrebbe essere il target di questo manga, cioè un pubblico molto giovane.

Il protagonista è simpatico e nei primi capitoli molto divertente. Mi ha fatto molto ridere quando decide di giocare a Go perché viene a conoscenza della paga riservata ai professionisti, dandoci anche subito l’idea di un ragazzo molto giovane a cui proprio non importa nulla di un gioco così di nicchia. Di Hikaru è interessante la crescita che ha durante la storia, iniziando a prendere sul serio e ad appassionarsi al Go via via che fa giocare Sai e quando incontra altri ragazzi che giocano più o meno bene. Di questo protagonista mi è piaciuto questo suo non sentirsi mai abbastanza e di voler provare continuamente al suo tutore e al suo rivale che anche lui può diventare bravo quanto e più di loro.

Sai è un personaggio che non ha una grandissima personalità a mio parere. Ricopre il ruolo del tutore e spesso di spalla comica perché assilla Hikaru con le sue richieste di voler giocare a Go. Mi è piaciuto molto però come in alcuni punti questo personaggio si abbattesse per il suo essere fantasma. Non può parlare tranne che con Hikaru, nessuno lo può vedere e non può giocare contro nessuno se Hikaru non gli fa da tramite.

Il resto dei personaggi sono interessanti ma non hanno dei caratteri complicatissimi, però al lettore viene detto qua e là la loro relazione con il Go e viene mostrato anche con quale mentalità affrontano le sfide che gli vengono poste per scalare la vetta dei campioni.

CONCLUSIONI GENERALI

Hikaru No Go è stato una lettura interessante, uno spokon su uno sport molto di nicchia che ha contribuito però a farne parlare e a far appassionare molti giovani ragazzi. La storia è interessante e si segue molto bene, peccato però per la fine perché sembra quasi che il manga sia stato bloccato a metà. Nonostante la fine, la lettura di questo manga per me è stata piacevole e fin da ultimo mi ha fatto fare il tifo per Hikaru!

Voto finale: 4/5 ★★★★✰

Gradimento personale: 3/5 ★★★✰✰

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