Recensione Ragazza, serpente, spina di M. Bashardoust

⚠️DISCLAIMER! QUESTA È UNA RECENSIONE NEGATIVA!⚠️

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Dati e trama

Scritto da Melissa Bashardoust e pubblicato nel 2020, Ragazza, serpente, spina arriva in Italia nel 2021 sotto Mondadori.

C’era e non c’era una volta − così cominciano sempre le fiabe − una principessa destinata ad avvelenare chiunque la toccasse. Ma per Soraya, tenuta nascosta fin dalla nascita, cresciuta lontana dalla sua famiglia, al sicuro solo nel suo giardino, questa non è soltanto una fiaba. All’approssimarsi delle nozze del suo gemello, Soraya deve decidere se uscire allo scoperto per la prima volta. Nelle segrete del palazzo una div, una demone, potrebbe avere le risposte che sta cercando, la chiave per ottenere la libertà. Al di fuori c’è un giovane uomo che non teme la principessa, nei cui occhi non si legge paura, ma profonda comprensione di chi lei sia veramente, oltre la maledizione e il veleno. Soraya pensava di sapere quale fosse il suo posto nel mondo, ma quando le sue scelte portano a conseguenze inimmaginabili, inizia a chiedersi chi sia davvero e cosa stia diventando: una donna o una demone? Una principessa o un mostro?

– Trama da Google Books

Cosa ne penso

La trama di “Ragazza, serpente, spina”, mi aveva promesso un fantasy romance un po’ diverso dal solito e lo è stato, ma in peggio sfortunatamente. La parte della maledizione di Soraya era molto interessante e mi è piaciuto come l’autrice abbia reso questo personaggio sensibile al tatto e come venga approfondito l’argomento dell’appartenenza ad un nucleo familiare. 

Il problema è arrivato con la spiegazione del perché di questa maledizione, che a quanto pare doveva essere una sorta di benedizione. Questa parte non sta in piedi e al lettore viene da pensare “ma non si poteva risolvere in altro modo questa cosa?” senza cioè distruggere la vita di una ragazza rendendola velenosa al tocco.

Tra l’altro, all’inizio viene detto che questa maledizione deve essere segreta a chi non fa parte della famiglia reale, ma sapremo ben presto che ne sono a conoscenza più di una persona e un personaggio, addirittura, non si farà grossi problemi a rivelarla così, ad un nuovo soldato.

La storia in sè sarebbe stata anche molto carina, io adoro le fiabe e se mi date un libro che ha un po’ quei vibes, ne sono contento, ma in questo caso la trama si svolge in modo troppo facile. Cosa voglio dire? Che appena arriva un ostacolo, o c’è da trovare qualcosa di importante, o viene rimarcato più e più volte il rischio di compiere una data azione, nello stesso capitolo la soluzione è immediata e fin troppo semplice. Un esempio: Soraya non può giustamente andare e venire come vuole dal castello, proprio per colpa della sua maledizione, ma ciò nonostante, sembra che la sorveglianza in questo palazzo non esista e per lei sia un gioco da ragazzi scappare. Eludere la sorveglianza tra l’altro, sarà una cosa che accadrà molte volte nel libro, mozzando così la suspense ancor prima che inizi, perché ormai il lettore sa che Soraya ce la farà senza troppe magagne.

Un fattore che mi ha davvero infastidito è stato quello che l’intero romanzo si basa sul fatto che i personaggi non comunicano tra loro e proprio da quello si sviluppa tutta la trama. Potevo arrivare a comprendere una scelta simile per l’inizio del libro, ma questa viene ripetuta per vari passaggi del libro per creare sempre una situazione effetto domino.

Altro difetto di questo romanzo è che alcuni eventi vengono allungati all’infinito, quando magari potevano essere risolti in poche pagine perché metà del capitolo loro dedicato è pieno di elucubrazioni insensate di Soraya o piccoli fatti che non influiscono minimamente sulla trama. “Ragazza, serpente, spina” è inoltre il classico esempio di tell don’t show, che approfondirò nella sezione personaggi quando parlerò più nello specifico dello Shahmar.

All’incirca a metà libro c’è un colpo di scena, ma purtroppo l’avevo già previsto quasi da inizio libro, perché la storia inizialmente mi ricordava un po’ Frozen della Disney.

La prosa in più si contraddice da sola in molti casi, riportando spesso dei flashback ad eventi narrati in pochi capitoli fa in modo però errato, spesso sbagliando proprio a riscrivere le emozioni provate dalla protagonista o le sue azioni.

Il finale è anticlimatico, non soddisfa minimamente il lettore, perché il villain del racconto, lo Shahmar, viene indicato come qualcuno con cui empatizzare, anche se nella storia ha compiuto diverse atrocità e fino a pochi secondi prima voleva sgozzare la madre di Soraya.

Il worldbuilding sarebbe anche interessante, perché prende spunto da vari aspetti e tradizioni della cultura persiana, ma anche da fiabe europee, tra cui “La bella addormentata nel bosco”, ma oltre questo è molto risicato. Diciamo che a parte gli elementi da cui prende spunto, per il resto, non ha molto di più, è più un mash up di varie cose prese un po’ qui e un po’ là, che non dico sia sbagliato da fare, ma avrei preferito che l’autrice si inventasse anche qualcosa di suo.

Stile di scrittura

Melissa Bashardoust ha una scrittura semplice e pulita, facile da leggere, ma ciò che la svaluta è l’enormità di ripetizioni. Ad esempio, ho contato che nelle prime settanta pagine, viene ripetuto “Soraya giocherellò con il filo tirato della manica” per ben quattro o cinque volte. Dalla metà in poi non ho perso tempo a contare il numero di volte in cui lei si “cinge la vita”, perché erano davvero troppe e a lungo diventavano più che ridondanti.

In quanto descrizioni, siamo in alto mare, perché sono estremamente approssimative e spesso confondono. Un esempio: sua madre va a farle una visita di routine e il suo vestito viene descritto come viola e i capelli pieni di gioielli, una ventina di capitoli dopo, ritroviamo la madre vestita a festa per il matrimonio reale e come è descritta? Nello stesso identico modo, anche se l’abito è sicuramente diverso.

Personaggi

Non so bene da dove iniziare, perché i personaggi sono davvero poco approfonditi, bidimensionali, che escono spesso dal carattere loro designato.

La protagonista, Soraya, all’inizio pare avere una personalità un minimo definita, ma arriviamo in alcuni punti in cui diventa tutt’altra persona. Da timida e remissiva, in certi capitoli diventa aggressiva e determinata e sono più scoppi casuali che una crescita del personaggio. Spesso inoltre ha questi accessi d’ira insensatamente e che paragonati a quello di cui si vuole vendicare, sono troppo esagerati. Considerereste l’idea di uccidere voi stessi vostro fratello solo perché non vi ha considerato per anni? Direi proprio di no.

Azad è davvero ad una sola dimensione e il suo personaggio è irragionevole, esiste solo per accontentare Soraya in ogni sua decisione. Sarà proprio lui ad esser protagonista del colpo di scena a metà libro, ma se come me avevate cominciato a paragonare questo libro a Frozen, vi spoilererete il plot twist da soli. Ma anche se non lo paragonate a quel film, capirete fin da subito che Azad nasconde qualcosa, oppure non si spiegherebbe il perché mette a rischio la propria posizione sociale (appena guadagnata) per assecondare una ragazza di cui ha sentito parlare nei racconti ma che effettivamente ha incontrato solo da poche ore.

Parliamo del triangolo amoroso che l’autrice ha provato a creare tra Parvaneh, la div (demone) incatenata nei sotterranei e lo Shahmar, un ex umano trasformato in mostro. Si comprende fin da quando viene appena accennato che l’endgame sarà Parvaneh. Come mai?

Parvaneh è un personaggio che sembra subdolo ma che alla fine è dalla parte del bene. Non ha molta personalità e nemmeno profondità, ciò che sappiamo è solo che appunto è “buona”.

Lo Shahmar non è nemmeno considerabile come pretendente. Insomma, tratta Soraya come una proprietà, come una bambola da comodino, dubita di lei, si è macchiato di orrendi omicidi e vuole far fuori la sua famiglia. L’uomo dei sogni proprio. L’autrice cerca di renderlo appetibile con discorsi del tipo “noi due siamo uguali Soraya”, ma il lettore capisce subito che questi due personaggi, perlomeno per quanto riguarda i loro obiettivi, non sono nemmeno paragonabili.

Vi avevo detto poco fa che avrei approfondito il discorso del “tell don’t show” del romanzo con lo Shahmar, quindi è quello che farò ora. L’intero romanzo in realtà è pieno di questa tecnica erronea, ma in questo personaggio lo vediamo particolarmente. Praticamente sappiamo che lo Shahmar è un mostro, un assassino, insomma, una persona poco per bene, ma il libro ce lo racconta, non ce lo fa vedere.

Sappiamo dalla prosa che lui tempo fa ha fatto brutte cose e che intende farne altre altrettanto orribili, ma nell’effettivo, durante il romanzo, lo Shahmar non fa quasi niente di violento, si comporta più da ragazzino viziato e edgy. Nemmeno durante l’attacco al castello fa stragi o cose così, anzi, viene sottolineato che lascia in vita tutti, anche i soldati, li ferisce soltanto. Questo modo di caratterizzarlo è controproducente, perché dobbiamo per forza fidarci della prosa senza però avere mai una riconferma di essa.

È interessante invece il rapporto tra i div e lo Shahmar, che avrei preferito venisse approfondito un po’ di più.

Conclusioni generali

Avrei voluto dire molto di più di questo romanzo, perché davvero, mi sono trovato a replicare indignato ad ogni capitolo dell’ebook, ma volevo evitare di fare troppi spoiler. “Ragazza, serpente, spina” aveva delle buone possibilità di essere un libro carino, che valorizzava le donne, ma alla fine si è rivelato un grande “no”, perlomeno per me.

Voto finale: 2/5 ★★✰✰✰

Innovatività: 3/5 ★★★✰✰

Livello di violenza: 3/5 ★★★✰✰

Facilità di lettura: 4/5 ★★★★✰

Scorrevolezza: 4/5 ★★★★✰

Consigliato da: 16 anni in su

Una mia illustrazione ispirata a “Ragazza, serpente, spina” di Melissa Bashardoust

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